Bioenergetica Perugia
odi et amo

Ti amo e ti odio: l’ambivalenza affettiva

“Odi et amo. Quare id faciam fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior”.

“Odio e amo. Per quale motivo lo faccia, forse ti chiederai. Non lo so, ma sento che accade e mi tormento”.

Così scriveva Catullo nel I secolo a. C. esprimendosi attraverso parole talmente incisive da mettere in risalto in maniera inequivocabile un modello di dinamica relazionale che ancora oggi si incontra molto frequentemente e che è basato sull’ambivalenza affettiva.

Questo termine indica una condizione in cui vi è la presenza simultanea di sentimenti e ideazioni di segno opposto nei confronti dello stesso “oggetto”, che portano a vivere il rapporto in maniera conflittuale.

Ad esempio può esservi amore e odio, attrazione e repulsione, accettazione e rifiuto, idealizzazione e svalutazione e così via.

Il verbo che usa Catullo per indicare lo stato di sofferenza che ne consegue è “excrucior” che alla lettera si traduce come “sono messo in croce”.

Infatti, se da una parte questo tipo di relazioni sono caratterizzate da un elevato indice di attrazione, coinvolgimento, passionalità ed emotività, dall’altra molto frequentemente si incontrano sentimenti di forte disagio dovuti ai comportamenti distruttivi che uno dei due partner o entrambi mettono in atto nei confronti del legame, tant’è che in psicoanalisi si parla di “attacco al legame”.

Queste modalità di stare in relazione possono essere altamente  disfunzionali e causare al rapporto ferite così profonde da intaccare il senso di fiducia. Ben presto una storia iniziata in maniera quasi fiabesca o idilliaca si trasforma in un incubo dal quale risulta difficile svegliarsi.

Numerosi studi clinici indicano che gli individui che mettono in atto questo tipo di comportamenti sono con forte probabilità stati bambini che hanno sperimentato sentimenti e atteggiamenti relazionali contraddittori da parte delle principali figure di accudimento.

I genitori si rapportavano in maniera emotivamente incostante e garantivano le cure in modo intermittente, generando nei bambini un senso di precarietà e di imprevedibilità che da adulti tendono a riprodurre nei rapporti che vivono.

Nel bambino, accanto al forte desiderio di amore mai pienamente soddisfatto, si alimentava una forte rabbia per la mancanza di un punto di riferimento sicuro e stabile.